Skip to content

Cos’è lo Smart Working? Vantaggi del lavoro intelligente

smart-working

Definizione Smart Working

Secondo la definizione fornita dal Chartered Institute of Personnel and Development, lo smart working è un approccio all’organizzazione del lavoro che punta a far crescere efficienza ed efficacia nel raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Il tutto tramite l’ottimizzazione degli strumenti e degli ambienti di lavoro, puntando al raggiungimento di flessibilità, autonomia e collaborazione fra i dipendenti e l’azienda stessa.

Smart Working: il ripensamento tra vita privata e spazio-lavoro

Un progetto di smart working deve comportare un cambiamento organizzativo trasversale: dalla dimensione delle persone, a quella di tecnologie e spazi.

Si tratta di un vero e proprio ripensamento intelligente dell’organizzazione aziendale, la quale dev’essere basata su fasi, cicli e obiettivi.

L’evoluzione dei modelli aziendali parte dalla definizione di policy organizzative, comportamenti e stili di leadership che non devono più incentrarsi sul controllo dei dipendenti, ma sulla fiducia nelle loro capacità di gestione del tempo e delle risorse.

Tale fiducia va costruita grazie all’implementazione di lavoro per obiettivi, formazione digitale e gestione del personale da remoto.

Secondo l’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano questa nuova filosofia manageriale si basa sul restituire alle persone equilibrio tra vita privata e lavoro, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.

Obiettivi aziendali più chiari e maggiormente condivisi

Gli obiettivi aziendali, chiari e condivisi, devono mutare prospettiva per aprirsi alla collaborazione multidisciplinare e focalizzarsi sulla persona, più che sull’organizzazione.

L’adozione delle tecnologie digitali collaborative costituisce poi un altro punto cardine per la progettazione dello smart working. Attualmente le tecnologie più diffuse in questo ambito sono quelle che supportano la sicurezza e l’accessibilità dei dati da remoto e da diversi dispositivi, l’uso di device mobili ed app e i servizi di Social Collaboration.

Infine, anche il layout fisico degli spazi di lavoro rappresenta un fattore chiave nella pratica dello smart working. Per operare non si necessita di una postazione fissa: è possibile farlo in casa, in viaggio, o in altri spazi come co-working, caffè, librerie, ecc, poiché la comunicazione è resa sempre possibile dalla tecnologia.

L’ufficio stesso può essere deputato a luogo di smart working, grazie alla progettazione di ambienti che trasmettano benessere ai dipendenti, soddisfando le loro esigenze lavorative.

I vantaggi dello Smart Working

I dati sopra riportati sono utili per farci comprendere almeno 3 vantaggi nel lavorare in smart working:

  1. In primo luogo i lavoratori, essendo più autonomi e liberi nella gestione del proprio tempo, risultano più efficienti nei risultati e motivati professionalmente. La responsabilizzazione dei singoli riesce a far comprendere a ciascuno quale valore abbia il proprio contributo sul lavoro e quanto esso conti nella propria vita.

  2. Di conseguenza, puntare sull’individuo vuol dire favorire la crescita dei talenti e l’innovazione diffusa, che si ottiene anche dalla sperimentazione di nuove tecnologie per la riuscita del lavoro. Con impiegati più soddisfatti e un’organizzazione più innovativa si ottiene un miglioramento della brand reputation.

  3. Evitare lo stress del trasferimento casa-ufficio negli orari di punta si contribuisce sia al benessere della persona, sia all’ambiente. Si calcola che anche una sola giornata di lavoro da casa a settimana possa far ridurre le emissioni di CO2 di circa 152kg l’anno (considerando una media di 40 ore l’anno di spostamenti casa-lavoro).

smart-working-vantaggi-pigro (1)

 

Smart working Italia

Nel quadro italiano la legislazione che regola lo smart working risale al 2017, quando il Jobs Act (L. 81/2017)  ha disciplinato il lavoro agile con “misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

Nelle PA tale legislazione è stata di grande stimolo per l’introduzione del lavoro a distanza: il 60% ha infatti avviato progetti di Smart Working nell’anno successivo (2018). Sempre secondo i dati provenienti dall’Osservatorio, invece, grandi imprese e PMI avevano già introdotto pratiche di smart working nel periodo precedente alla legge in questione, rispettivamente l’82% e il 76%.

Per un' Italia smart, nel febbraio 2020, proprio in merito alla necessità di contenere la diffusione del virus Covid-19, lo smart working è stato oggetto di un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che l’ha reso applicabile per tutta la durata dello stato di emergenza nel territorio italiano.

Smart working 2020: alcuni dati

Stando ai dati dell’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano durante la prima fase dell’emergenza covid-19 lo smart working in Italia "ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% della pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle PMI, per un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani”.

Ma, una volta superata la fase più intensa, gli smart worker si attestano a 5,06 milioni, in calo rispetto al periodo precedente ma rimanendo comunque un numero importante se paragonati ai dati smart working 2019, in cui era utilizzato solo da circa 570mila lavoratori.

Si stima che entro la fine della pandemia “i lavoratori agili, che lavoreranno almeno in parte da remoto, saranno complessivamente 5,35 milioni, di cui 1,72 milioni nelle grandi imprese, 920mila nelle PMI, 1,23 milioni nelle microimprese e 1,48 milioni nelle PA”.

Smart working: alcune considerazioni

L’emergenza sanitaria ha reso evidenti due aspetti importanti dello smart work:

  • è una modalità di lavoro che si adatta ad un’alta percentuale di professioni;

  • le aziende, anche di grandi dimensioni, non erano tecnologicamente pronte per un simile cambiamento. L'Osservatorio smart working del Politecnico di Milano ha rilevato che “più di due grandi imprese su tre hanno dovuto aumentare la dotazione di pc portatili e altri strumenti hardware (69%) e di strumenti per poter accedere da remoto agli applicativi aziendali (65%); tre PA su quattro hanno incoraggiato i dipendenti a usare i dispositivi personali; il 50% delle PMI non ha potuto operare da remoto”. 

Nonostante i dati attestino le potenzialità del lavoro da remoto, ancora alcune aziende continuano a preferire la modalità di lavoro in presenza. Ma perché? 

Lo spiega Lea Rossi, giuslavorista e partner dello studio milanese Toffoletto De Luca Tamajo, in un’intervista a Il Post:  “Le aziende italiane hanno spesso proprietà e dipendenti di una certa età, che non sanno usare la tecnologia e spesso c’è anche un problema culturale, perché sono abituate ad avere le persone in presenza e perché non hanno idea di come ‘smaterializzare’ il lavoro, per esempio gestendo i business plan o il calendario delle presenze sulle app, o facendo le videochiamate. Molte piccole aziende hanno fatto subito tornare i dipendenti in ufficio e poche si sono organizzate, anche perché ci vogliono investimenti nel tempo che non si fanno in un anno di crisi”.

Oltre a questo, c’è ancora la convinzione diffusa che se un dipendente non può essere controllato, produrrà meno. Per questo tante aziende obbligano professionisti, che potrebbero svolgere la propria mansione in smart working, a recarsi in ufficio.

Microsoft ha realizzato una ricerca, coinvolgendo oltre 600 manager e dipendenti di grandi imprese italiane, per scoprire com’è cambiato il lavoro a seguito dell’emergenza sanitaria e i risultati ottenuti.

I dati raccolti riportano benefici sia in termini di produttività che di efficienza: l’87% degli intervistati ha riscontrato una produttività pari o superiore a prima del lockdown e il 71% è convinto che le nuove modalità ibride di lavoro comportino significativi risparmi in termini di costi. Inoltre, sei intervistati su dieci (64%) credono che garantire modalità di lavoro da remoto possa essere un modo efficace per trattenere i collaboratori migliori.

Uno sguardo sul futuro

Il 2020 ha posto le basi per nuove innovazioni legate al lavoro e alle sue modalità. E sugli scenari futuri si pensa a una soluzione ibrida, che possa mantenere i benefici dello smart working, accompagnato da una limitata porzione di tempo in presenza, permettendo così di ridurre i costi e le ripercussioni sull’ambiente.

La legge n°87 del 17 giugno 2021 ha confermato la proroga smart working nella pubblica amministrazione al 31 dicembre 2021, definito “smart working semplificato” (ovvero con procedura di comunicazione semplificata.

La normativa smart working, inoltre, non prevede alcun smart working obbligatorio per i privati, rimanendo comunque fortemente consigliato.

Per alcune categorie di lavoratori, invece, beneficiano del diritto allo smart working come, ad esempio: 

- lavoratori dipendenti che hanno in famiglia un figlio fino a 16 anni d’età che è affetto da Covid-19 o è in quarantena; ;
- lavoratori dipendenti disabili o che abbiano nel proprio nucleo familiare un persona con disabilità;
- lavoratori “fragili”;
- lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio.

Il futuro cosa porterà? Secondo la quattordicesima edizione di Fjord Trends, report annuale pubblicato da Accenture, il 2021 sarà un anno di innovazioni, come spiega il responsabile Italia Ashley Benigno: “Nel corso della storia, dopo una crisi globale, inizia sempre una nuova fase in cui cambia il modo di pensare. Guardando al futuro, si dischiudono un’infinità di potenziali nuovi mondi. Alcuni incutono timore, altri sono entusiasmanti, ma tutti sono in gran parte inesplorati. Ciò che facciamo adesso plasmerà il resto del secolo. Le imprese hanno un’occasione decisiva e lo spazio di manovra per pensare e agire in maniera diversa rispetto al passato”.

Leggi anche: Tutto quello che c'è da sapere sull'Open Innovation.

 

Vuoi saperne di più su Pigro? Contattaci!